Revue de réflexion politique et religieuse.

Il “Gran” Pon­ta­no pen­sa­tore dell’ordine poli­ti­co

Article publié le 28 Nov 2009 | imprimer imprimer  | Version PDF | Partager :  Partager sur Facebook Partager sur Linkedin Partager sur Google+

In ques­to contes­to l’ob­be­dien­za è avver­ti­ta come mas­si­mo limite alla liber­tà per­so­nale dell’uo­mo ; mentre la liber­tà si ritiene consis­ta nel vivere come si vuole. L’uo­mo libe­ro, insom­ma, sarebbe colui che vive in ogni istante secon­do il pro­prio volere ; volere com­ple­ta­mente arbi­tra­rio e non sog­get­to a rego­la alcu­na. Non più un erger­si for­te­mente e tra­gi­ca­mente contro le regole, infran­gen­dole sapen­do di infran­gerle, bensì la pre­te­sa di non avere regole nel­la vita quo­ti­dia­na e di seguire momen­to per momen­to i pro­pri impul­si e i pro­pri desi­de­ri, qua­li che essi sia­no.
Al contra­rio, Gio­van­ni Pon­ta­no scrive che cos­to­ro, quel­li che vivo­no sen­za rego­la, non sono veri uomi­ni libe­ri, ben­ché forse cre­da­no di esser­lo. Tut­ti sia­mo infat­ti d’ac­cor­do che libe­ro è colui che segue la ragione, mentre è schia­vo colui che segue i pro­pri appe­ti­ti e le pro­prie pas­sio­ni. Abbia­mo sempre consi­de­ra­to schia­vi i bar­ba­ri, per­ché non han­no leg­gi e seguo­no sol­tan­to i loro istin­ti e le loro pas­sio­ni ; ma allo­ra, se voglia­mo essere conse­guen­ti, dob­bia­mo rite­nere libe­ri colo­ro che, al contra­rio, han­no leg­gi e ne seguo­no scru­po­lo­sa­mente le norme. Ne consegue che sono libe­ri il figlio che obbe­disce al padre, l’al­lie­vo che obbe­disce al maes­tro, il sol­da­to che obbe­disce al suo coman­dante, il cit­ta­di­no che obbe­disce al gover­nante, il sud­di­to che obbe­disce al re. Liber­tà e obbe­dien­za coin­ci­do­no né la pri­ma può esis­tere sen­za la secon­da. In real­tà pro­prio chi vive in asso­lu­ta licen­za, facen­do sempre ciò che desi­de­ra, vio­la la liber­tà ; il bar­ba­ro dalle pas­sio­ni sfre­nate (come e peg­gio anco­ra il disob­be­diente di oggi) non è libe­ro ; tutt’al più cre­derà erro­nea­mente di esser­lo, mentre è vero il contra­rio. Per­tan­to, anche se sia­mo nati libe­ri, anzi pro­prio per ques­to, dob­bia­mo obbe­dire e tan­to più sare­mo libe­ri quan­to più obbe­di­re­mo  ((DO, c.31rv.
)) . Il pro­ble­ma del­la liber­tà si risolve, per Pon­ta­no come per altri uma­nis­ti, nel pro­ble­ma dell’or­dine.

*   *   *

Al di là di ogni dub­bio per Gio­van­ni Pon­ta­no la miglior for­ma di gover­no è quel­la del solo : tut­to il suo dis­cor­so dimos­tra che il gover­no monar­chi­co è il migliore. Ed in ques­to tro­va buo­na com­pa­gnia negli altri scrit­to­ri poli­ti­ci del regno di Napo­li nel Quat­tro­cen­to, ris­pet­to ai qua­li per­al­tro vedia­mo nel De obe­dien­tia una mag­gior atten­zione al pro­ble­ma del­la for­ma di gover­no, un più evi­dente inten­di­men­to di appro­fon­dire la ques­tione, una mag­giore sen­si­bi­li­tà alle pos­si­bi­li obie­zio­ni contro la monar­chia e alle pos­si­bi­li difese delle altre forme di gover­no. Per gli altri trat­ta­tis­ti la monar­chia è un dato di fat­to, che non pre­vede alter­na­tive e non ha biso­gno di sos­te­gno teo­ri­co, ma sol­tan­to di model­li di buon sovra­no, di inci­ta­men­ti alla virtù, di qualche rife­ri­men­to anti­co ; qui invece Pon­ta­no alla monar­chia dà anche un più soli­do fon­da­men­to teo­ri­co  ((DO, cc.29v e 30v.
)) .
Guar­dia­mo alla natu­ra, che è la som­ma maes­tra. In natu­ra un solo cuore gover­na il cor­po dell’uo­mo ; una sola ragione gover­na l’a­ni­ma dell’uo­mo ; un solo Dio gover­na l’u­ni­ver­so. Se in natu­ra il gover­no del solo è la rego­la, per­ché mai i popo­li dovreb­be­ro essere gover­na­ti diver­sa­mente ? Il gover­no del solo è così evi­dente nel­la sua natu­ra­lez­za che per­si­no i bam­bi­ni nelle loro filas­trocche non fan­no che pro­cla­mare che “uno è Dio ed uno solo è il re”  ((DO, c.31rv.
)) .
Oltre la natu­ra anche la ragione ci mos­tra che il gover­no del solo è l’u­ni­co ragio­ne­vole, dura­tu­ro, libe­ro. La mol­te­pli­ci­tà delle opi­nio­ni infat­ti gene­ra dis­cor­dia né può essere diver­sa­mente ; e ciò pro­vo­ca inevi­ta­bil­mente disa­gi e mali infi­ni­ti, che col­pis­co­no tut­ti. Al contra­rio fio­ris­co­no quelle cit­tà, i cui gover­nan­ti han­no uni­tà di sen­tire e di volere. Ciò che occorre è una pro­fon­da uni­tà di inten­ti, un sen­ti­men­to comune, un consen­so di fon­do fra i gover­nan­ti sugli obiet­ti­vi del­la vita sociale ; e ques­ta uni­tà è più facil­mente rea­liz­za­bile, se il gover­nante è già fisi­ca­mente uno ed uno solo, per­ché non gli è pos­si­bile tro­var­si in contrad­di­zione con se stes­so. Ecco dunque che la ragione ci dice che il gover­no del solo è il migliore, poi­ché consente di super­are imme­dia­ta­mente il pro­ble­ma delle dis­cor­die fra gover­nan­ti  ((DO, c.29v.
)) .
Anche la sto­ria si pro­nun­cia a favore dei re. Come ha scrit­to Cice­rone, la monar­chia fu la pri­ma for­ma di gover­no ; i re furo­no colo­ro che per pri­mi tras­se­ro gli uomi­ni fuo­ri dalle selve per condur­li a una vita civile. Inoltre quante volte nel­la sto­ria abbia­mo vis­to pic­cole cit­tà, gover­nate dal­la mol­ti­tu­dine, pre­ci­pi­tare nel disor­dine delle dis­cor­die e qua­si per­ire, mentre gran­di Sta­ti, gover­na­ti dai re, han­no dura­to a lun­go nel tem­po, sta­bi­li e in pace ? Gio­van­ni Pon­ta­no scrive chia­ra­mente di pic­cole cit­tà tra­va­gliate dalle dis­cor­die, mentre gran­dis­si­mi regni vivo­no tran­quilli e in pace, raf­for­zan­do così il signi­fi­ca­to sto­ri­co del rife­ri­men­to. Se la mol­te­pli­ci­tà dei gover­nan­ti por­ta dis­cor­dia anche dove gli uomi­ni sono pochi, mentre mol­tis­si­mi uomi­ni vivo­no nel­la concor­dia quan­do han­no un re, ciò signi­fi­ca neces­sa­ria­mente che la for­za dell’u­ni­tà di gover­no del sovra­no è gran­dis­si­ma, come per conver­so è gran­dis­si­ma la for­za dirom­pente del­la mol­te­pli­ci­tà dei gover­nan­ti. Insom­ma, qui si nega di fat­to, anche se forse non volu­ta­mente come rife­ri­men­to diret­to, quan­to asse­ri­to poco più di un seco­lo pri­ma da Bar­to­lo da Sas­so­fer­ra­to, per il quale ai gran­di Sta­ti si addice la monar­chia, mentre la demo­cra­zia ben si adat­ta ai pic­co­li e l’a­ris­to­cra­zia ai medi. Qui invece il gover­no plu­ri­mo, aris­to­cra­ti­co o demo­cra­ti­co, non va bene nep­pure per le pic­cole cit­tà, non va bene per nes­su­no. Sol­tan­to nelle monar­chie l’uo­mo può godere contem­po­ra­nea­mente del­la vera liber­tà conforme ai det­ta­mi del­la ragione e del vero ordine del­la vita sociale. D’al­tronde, non ci si illu­da : anche nelle demo­cra­zie e nelle aris­to­cra­zie esiste sempre un qual­cu­no, che in real­tà gover­na per­so­nal­mente anche se for­mal­mente il gover­no è nelle mani del grup­po. Osser­va­zione estre­ma­mente acu­ta, nel­la quale forse pos­sia­mo leg­gere un vela­to rife­ri­men­to a situa­zio­ni ita­liane che il nos­tro ben conos­ce­va, come quel­la di Firenze con Cosi­mo il Vec­chio  ((DO, cc.30r-31r.
)) .
In ques­to contes­to, trat­tan­do del gover­no delle pro­vince del Regno, Gio­van­ni Pon­ta­no fa delle consi­de­ra­zio­ni quan­to mai inter­es­san­ti  ((DO, cc.37v-38r.
)) . I gover­na­to­ri, scrive nel De obe­dien­tia, devo­no soprat­tut­to ris­pet­tare le leg­gi e osser­vare e far osser­vare sempre la gius­ti­zia. E fin qui si trat­ta di un pre­cet­to scon­ta­to e ovvio. Ma Pon­ta­no va ben oltre, per­ché avverte mol­to bene la neces­si­tà di calare nel­la real­tà quo­ti­dia­na i pre­cet­ti di gius­ti­zia, che ci ven­go­no offer­ti dal­la dot­tri­na ; real­tà quo­ti­dia­na che per i gover­nan­ti dei ter­ri­to­ri del regno, così diver­si fra loro, consiste spes­so nel tro­vare un dif­fi­cile equi­li­brio non sol­tan­to fra inter­es­si contras­tan­ti, ma anche fra ordi­na­men­ti giu­ri­di­ci concor­ren­ti, che insis­to­no sul­la stes­sa regione. Un ter­ri­to­rio, come quel­lo del regno di Napo­li, dove legis­la­zione regia, baro­nale, muni­ci­pale, dirit­to roma­no e cano­ni­co, conver­go­no per ren­dere giu­ri­di­ca­mente anco­ra più dif­fi­cile una situa­zione poli­ti­ca­mente e social­mente com­ples­sa.
La ris­pos­ta al pro­ble­ma è chia­ris­si­ma ed inter­es­sante. Nel ren­dere gius­ti­zia gli inca­ri­ca­ti del gover­no delle pro­vince deb­bo­no avere sempre ben pre­sen­ti tre indi­ca­zio­ni : pri­ma di tut­to deb­bo­no rife­rir­si alla volon­tà del sovra­no o del supre­mo magis­tra­to ; in secon­do luo­go deb­bo­no consi­de­rare quan­to è sta­bi­li­to dal dirit­to del regno e dal­la nor­ma­ti­va par­ti­co­lare delle comu­ni­tà ; in ter­zo luo­go deb­bo­no tenere conto del dirit­to comune e del dirit­to impe­riale. In altre parole, conti­nua Pon­ta­no roves­cian­do la dire­zione del dis­cor­so per raf­for­zarne il signi­fi­ca­to, le norme del Regno e le leg­gi cit­ta­dine dovran­no pre­va­lere sul dirit­to civile ; la volon­tà del Re dovrà pre­va­lere su tutte.

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